Daylight School è una scuola di fotografia, ma non ci occupiamo solo di corsi base, corsi di streetphotography o di reportage, il nostro impegno non finisce lì.
La nostra missione è divulgare la fotografia, raccontare, informare.
La produzione di un fotografo è un puzzle di momenti che ne delineano il percorso, attimi consequenziali talvolta illeggibili sul momento che spingono l’essere umano spesso a sua insaputa in direzione verticale, verso lo spirito.
Il primo tassello che muove Mike Brody verso la scoperta avviene a 17 anni quando per la prima volta salta su un treno che crede per Mobile ma che lo porterà a Jacksonville, il capoluogo della Florida da dove farà ritorno a casa pochi giorni dopo.
Quello che è di fatto un viaggio fugace ed in direzione contraria alle aspettative si rivelerà un punto cardine della sua esperienza di giovane uomo,un seme che germoglierà con il passare del tempo.
La fotografia come la narrativa e la musica, come il cinema e la pittura vive di effetti speciali, suggestioni che ci si avvinghiano addosso diventando parte del nostro io.
Il Palcoscenico della nostra storia è l’America degli spazi sconfinati solcata da Ferrovie solitarie perse nella neve e nella polvere, gli Stati disuniti d’America imbevuti di miti yankee, un paese così giovane da essersi forzatamente costruito in fretta e furia nuove radici.
È in questo luogo e per via di esso che si è sviluppato, una volta posato il primo binario a terra, il fenomeno chiamato Train hopping, che consiste nel saltare su treni merci per spostarsi in maniera economica (ed illegale) da un luogo all’altro del gigante Americano, nei chilometri infiniti di anime inquiete in perenne movimento orizzontale, in cerca di lavoro, di fortuna o in fuga dalla polizia.
Suggestioni, le stesse cantate da Bob Dylan in Slow Train o in Freight Train Blues, canzoni che suonano come gli spostamenti anfetaminici di Jack Kerouak messi inchiostro su carta in On the Road o il vagabondare confuso di Gregory Corso che di Dylan e molti altri sono stati ispirazione.
Ragazzacci terribili mossi dal fuoco della forza vitale e da una discreta quantità di eccitanti verrebbe da semplificare in una dicotomia dal suono vagamente borghese.
Il secondo tassello del nostro del nostro antieroe è la scoperta nel sedile posteriore della macchina di un amico di una polaroid sx70, uno strumento a lui sconosciuto che diventerà il veicolo perfetto per dare ordine alle sue emozioni, tanto che tornato a casa diventerà per tutti Polaroid kid, pseudonimo che utilizzerà nel suo periodo di formazione nel quale documenta la vita dei suoi amici con il talento puro dell’ outsider.
È il 2004 l’anno in cui inizia il viaggio che lo porterà a percorrere 80.000 chilometri fra il cuore pulsante e le arterie periferiche degli Stati Uniti, fotografando compulsivamente la sua avventura personale fatta di treni, autostop, comunità di hippy, punk, droghe, viaggiatori ed anime perse, esperienza nella quale metterà da parte la polaroid per una Nikon analogica piccolo formato.
Il risultato visuale del suo percorso umano sono immagini intime e straordinarie, inquadrature che ci mostrano la vitalità di uno stile unico, alternando delicatezza ed immagini crude in una continuazione ideale di discorsi su vecchi fantasmi del passato ancora presenti.
A Period of Juvenile Prosperity è il passaggio da Polaroid Kid a Mike Brody, il bozzolo che diventa farfalla, un’evoluzione personale che ci regala il libro simbolo di una generazione, una produzione che riceverà premi ed elogi in tutto il mondo,anche da quel “mercato dell’arte” mal sopportato dall’autore.
Sarà proprio Mike a saltare giù dal treno in corsa della popolarità per dedicarsi al lavoro di meccanico nei giacimenti petroliferi sparendo per sempre dai radar della fotografia, o forse no.
Quello che ci rimane è il suo viaggio, il flusso incontenibile della sua fotografia, un gesto così sincero e naturale da diventare temporale, ritmo, respiro, musica, gioia, ispirazione.
Marco Sconocchia
Se ti interessa il reportage non perderti il nostro corso dedicato: